Il Gps Tracker è un dispositivo che permette di localizzare la posizione e la velocità di un oggetto mediante i segnali trasmessi dai satelliti geostazionari.

In pratica il tracker agisce come ricevitore passivo, il suo microprocessore interno elabora i dati ricevuti, li trasforma in coordinate cartesiane e le trasmette in remoto ad una stazione ricevente (cellulare, smartphone, internet).

Il funzionamento è possibile grazie all’azione in sinergia di più tecnologie: rete GPS, rete GSM, rete GPRS o UMTS dei cellulari e la rete world wide web di Internet.

gps tracker

Il sistema G.P.S. è l’evoluzione in versione satellitare del già esistente sistema L.O.R.A.N. nato negli U.S.A. negli anni ’40 e che permetteva la determinazione della posizione lungo le rotte di traffico navale ed aereo utilizzando stazioni terrestri denominate MASTER e SLAVE.
Il Global Positioning System (GPS, a sua volta abbreviazione di NAVSTAR GPS, acronimo di NAVigation System with Time And Ranging Global Positioning System), è un sistema satellitare a copertura globale gestito dal dipartimento della difesa statunitense.
Nel 1991 gli USA resero pubblico il servizio con il nome SPS (Standard Positioning System), differenziandolo da quello militare denominato PPS (Precision Positioning System).

Al fine di proteggere la sicurezza nazionale il governo statunitense adottò, in un primo momento, un sistema di degrado del segnale puro della rete GPS attraverso la SA (Selective Availability) che introduceva nei segnali satellitari degli errori intenzionali al fine di ridurne la precisione, consentendo localizzazioni nell’ordine di 100-150 metri.
Nel maggio dell’anno 2000 il Presidente degli Stati Uniti Bill Clinton, ordinò la disabilitazione la degradazione del segnale, consentendo la precisione attuale di circa 10/5 metri.

E’ di uso comune identificare tutti i sistemi di radionavigazione satellitare con il nome GPS (acronimo che identifica il sistema americano NAVSTAR GPS), tant’è che con lo stesso nome si identifica – erroneamente – anche il sistema Galileo.

Galileo è un protocollo europeo di posizionamento satellitare prevalentemente dedicato ad usi civili e indipendente da quello americano GPS del Dipartimento della Difesa degli USA.
Ad oggi Galileo – che ha in orbita 18 satelliti sui 30 previsti – lavora in interoperabilità con il GPS, offrendo però un risultato molto più preciso. Il sistema europeo diventerà pienamente operativo nel 2020.

Il sistema di localizzazione Glonass è invece russo, realizzato dall’ex Unione Sovietica e paragonabile a quello statunitense (GPS), subì un’interruzione di servizio durante la caduta del regime sovietico per poi tornare progressivamente operativo nel 2012 con una costellazione pienamente operativa di 24 satelliti.

Assolutamente no!

La comunicazione è unidirezionale: i localizzatori GPS non trasmettono alcun segnale ai satelliti, ma funzionano solo come ricevitori, del resto non ne avrebbero mai la potenza.
Del pari i satelliti non conoscono la posizione dei ricevitori GPS, ma si limitano ad emettere un segnale che viene sfruttato dai tracker in combinazione ad altri segnali satellitari per calcolare la loro posizione a terra.

In altri termini solo il ricevitore conosce la sua posizione, poiché è quest’ultimo che la calcola incrociando i dati forniti dai satelliti in orbita.

Il sistema GPS si basa su una costellazione di 24 satelliti in orbita (21 attivi e 3 di riserva).

Ogni satellite (oltre ai parecchi dati che qui non ci interessano) manda due informazioni base: la sua posizione nello spazio e il momento esatto della sua rilevazione.

Il tracker GPS per poter determinare la sua posizione a terra deve poter ricevere i segnali (posizione e tempo) da parte almeno di 4 satelliti.

Il calcolo della posizione del tracker è eseguito dal suo chip interno: partendo dai dati, il ricevitore calcola le 4 sfere il cui raggio è dato dalla distanza tra i satelliti e il ricevitore.
Il punto di intersezione delle sfere, è dove si trova il tracker.

Per poter individuare con accuratezza questo punto di intersezione è necessario che si possa conoscere con precisione il tempo di invio del segnale da parte dei satelliti e del momento di ricezione da parte del tracker.

L’incognita del “momento esatto” di invio del segnale è risolta mediante l’adozione su ogni satellite di un orologio atomico.

Ovviamente non si potrebbe neppure pensare di installare un orologio atomico anche a bordo del ricevitore per sapere in quale preciso istante è stato ricevuto il segnale, pertanto si ricorre ad un escamotage: il tracker effettua il calcolo della distanza partendo dal suo orologio interno e trova l’intersezione tra le sfere il cui raggio è dato dalle distanze ottenute, ricavando in questo modo un risultato piuttosto preciso.

Il tracker una volta individuata la posizione la invia mediante la SIM ai numeri di cellulare memorizzati (dai 3 ai 5 numeri) nella forma del SMS, inoltre gli SMS servono al dispositivo per informare l’utente di possibili disfunzionamenti (es. batteria dell’auto priva di tensione) o informazioni relative allo stato del veicolo (impatto contro un ostacolo, apertura delle portiere, manomissione, ecc.).

Del pari la funzione GPRS serve al device per inviare i dati di geolocalizzazione.

Inoltre i moderni localizzatori GPS utilizzano, oltre ai segnali dei satelliti, la tecnologia GMS per l’individuazione della cella radio in cui si trova il vostro dispositivo, assicurando così una copertura anche in caso di perdita di uno o più satelliti.

I tracker hanno normalmente diverse funzioni di base che operano in correlazione al sistema di tracciamento satellitare: il tasto SOS, la funzione antifurto, il Geo-Fence e il Gravity Sensor. A queste si aggiungono le funzioni di segnalazione di stato del dispositivo, come l’assenza di alimentazione, la batteria bassa, la perdita di segnale GSM e molte altre funzioni aggiuntive opzionali.

Premendo il tasto SOS l’utente fa partire un SMS contenente i dati di posizionamento: il messaggio di richiesta aiuto, la latitudine e longitudine, la velocità di spostamento, il link da cui vedere a livello grafico la posizione mediante le applicazioni in uso sul proprio device (es. google maps per gli smartphone).

Il tasto SOS è di solito posizionato sul telecomando in dotazione, a questo si aggiunge un ulteriore pulsante filare di piccole dimensioni che l’utente può collocare dove ritiene più comodo e sicuro. Nei tracker ad uso personale di più piccole dimensioni (da posizionarsi ad esempio in tasca) il pulsante SOS si trova inserito sulla scocca del tracker.

Il tasto SOS non si trova sui tracker per gli animali, o in quelli utilizzati come meri tracciatori di posizione occultati.

Con il termine inglese G-Sensor (ossia Gravity Sensor) si indica un’invenzione tutta italiana (dell’Ing. Bruno Murari) che prende nome di accelerometro.

Questo dispositivo, sfruttando le variazioni di accelerazione, permette di determinare se ci si sta spostando o meno e in quale direzione ci si sta spostando.
L’accelerometro trova applicazione in moltissimi campi: dell’astronautica ai dispositivi che utilizziamo tutti i giorni per lavorare o giocare.

Nello smartwatch per l’orientamento dello schermo, nei laptop dove in caso di caduta l’accelerometro “capta” il movimento verso il basso e spegne immediatamente l’hard disk evitando che possa danneggiarsi, nelle auto per attivare immediatamente gli airbag prima dell’urto e ovviamente nei tracker GPS al fine di far partire l’SOS. Nel caso di una forte accelerazione, decelerazione, o impatto il microchip interpreta questi imput come “stati di pericolo” e invia automaticamente un segnale di SOS allegando al messaggio le coordinate di localizzazione per facilitare l’arrivo dei mezzi di soccorso.

ll tracker assolvere anche al compito di antifurto sia per mezzi di spostamento (auto, moto, bici, barche, ecc.) che per oggetti di più piccole dimensioni (borse, valige, oggetti di valore, ecc.).

I sensori coinvolti in questo meccanismo di allarme sono normalmente due, entrambe collocati all’interno del tracker: l’accelerometro e il sensore inerziale.

L’accelerometro in funzione antifurto invierà al chip centrale del tracker un segnale di allarme qualora il veicolo si sposti dalla sua posizione di parcheggio, fornendo all’utente le coordinate di geolocalizzazione e la relativa velocità.

A sua volta il sensore inerziale (o sismico) registra le vibrazioni (es. tentativo di apertura di una portiera) e farà scattare l’allarme che sarà inviato all’utente mediante un SMS (sensor alarm).

In entrambe i casi al tracker può essere abbinata una sirena che inizi a suonare quando il nostro localizzatore vada in allarme.

Il GeoFence, o “recinto geografico”, permette di impostare una zona al di fuori della quale il tracker non dovrebbe uscire, o al contrario una zona off limit in cui non dovrebbe entrare. Nel caso in cui il localizzatore GPS valichi i limiti impostati, invierà un SMS all’utente con le relative coordinate geografiche e la velocità di spostamento.

Questa funzione è utilissima per tenere sotto controllo i bambini, le persone anziane, le persone affette da perdita della memoria, gli animali domestici, e i nostri veicoli.

I tracciati degli spostamenti, la velocità, gli eventi di allarme o pericolo e ogni dato registrato dal tracker possono essere memorizzati su un supporto di memoria removibile (TF-Card) oppure su un apposito hard disk incorporato nel “case” del tracker.

Qualora si utilizzi una TF-Card l’impostazione di default prevede un sistema di scrittura ciclica che rende possibile una registrazione a tempo indeterminato. In altre parole una volta che risulta essere finito lo spazio di archiviazione, il tracker inizierà a registrare sopra i dati più vecchi cancellandoli. La maggior parte dei tracker hanno una funzione che va sotto il nome di “black box”; non si tratta di uno spazio di memoria aggiuntivo, bensì una particolare procedura che seleziona gli eventi che devono essere esclusi dalla riscritturazione ciclica.

Per portare un esempio, ipotizziamo che il tracker sia installato a bordo di un autoveicolo e che questo subisca un urto, in questo caso la funzione “black box” salverà in modo permanente tutti i dati relativi a questo evento, impedendo che possano essere cancellati accidentalmente dalla riscritturazione ciclica.

A tal riguardo occorre fare una distinzione tra i tracker portatili per persone e animali e i tracker fissi per autoveicoli, natanti, ecc.

I primi operano esclusivamente mediante una batteria incorporata ricaricabile che si comporterà nello stesso modo di quella di un comune smartphone, maggiore sarà l’utilizzo del device più velocemente si scaricherà la batteria.

Se utilizziamo il nostro Localizzatore in una condizione di controllo continuo con l’invio di molti SMS e trasmissione della posizione via GPRS, la batteria si scarica più velocemente rispetto a quando si trovi in una condizione di quiete, ad esempio se lo posizioniamo sulla nostra moto d’epoca che teniamo gelosamente custodita in un box.

In questo caso il tracker funzionerà prevalentemente come antifurto satellitare ed entrerà in standby in attesa che il veicolo si sposti o venga sollecitato da un’azione esterna (ad esempio chiudendo il cavalletto di sostegno).

L’autonomia della batteria è quindi proporzionale all’utilizzo attivo del tracker.

Se invece vogliamo controllare lo spostamento di veicolo con trasmissione della posizione in modo continuativo, avremo un consumo energetico maggiore e sarà quindi necessario alimentarlo mediante un “battery pack” o direttamente tramite la corrente del mezzo stesso, ad esempio collegandolo alla batteria della macchina.

Quando accendete per la prima volta il vostro tracker fatelo a cielo aperto, in modo che possa stabilire una connessione con i satelliti libera da ostacoli.

Qualora il Tracker indichi ripetutamente una posizione sbagliata, oppure non riceva alcuna coordinata dai satelliti, nella maggior parte dei casi il problema risiede nella configurazione dell’APN.

L’APN (acronimo di Access Point Name) gestisce la connessione tra la rete dell’operatore telefonico ed internet. in altri termini per poter navigare su internet mediante la rete dell’operatore (dati mobili) abbiamo bisogno di un indirizzo IP che ci permetta di collegarci alla rete. Questo IP viene fornito direttamente dal gestore telefonico.

Normalmente negli smartphone l’impostazione dell’APN avviene automaticamente, la compagnia telefonica trasmette i dati di accesso mediante SMS al vostro telefono, il quale si autoconfigura sulla rete giusta. Con i Tracker questo automatismo potrebbe non funzionare e sarà pertanto necessario impostare l’APN manualmente.

I dati APN possono essere reperito sul sito web del gestore telefonico (TIM,Vodafone, Tre, Wind ecc.). Una volta inseriti nel Tracker il problema sarà di fatto risolto. Tuttavia occorre tenere presente che spesso gli APN pubblicati sul sito dell’operatore sono obsoleti, pertanto, se avete ancora problemi di APN, si consiglia di telefonare al servizio clienti del gestore e farsi rilasciare i dati APN aggiornati.

Attese le molte funzioni del GSM/GPRS a bordo del Tracker, assicuratevi sempre di avere credito sulla vostra SIM ricaricabile o acquistate una con traffico prepagato con un buon numero di SMS e di GIGA internet.

Il Tracker non ha normalmente una tastiera e per le funzioni che svolge deve avere sempre accesso alle funzioni della SIM, pertanto la prima cosa da fare prima di inserire la SIM nello slot del Tracker è quella di disabilitare il PIN preimpostato.

L’operazione è piuttosto semplice: inserite la SIM all’interno di un device munito di tastiera (cellulare, smartphone, tablet, ecc.), accedete al menu generale, poi a quello delle impostazioni di protezione e disattivate la richiesta del codice PIN all’attivazione della SIM.